Diamo uno sguardo…


E, inizialmente il vestiario da spiaggia soddisfaceva più una funzione estetica che funzionale.
Molti
inizialmente non erano in grado di nuotare e si soffermavano semplicemente in
spiaggia a prendere la tintarella o a passeggiare lungo il bagnasciuga o ancora
a giocare in riva al mare.
I
primi costumi realizzati negli anni ‘20 erano addirittura fatti in lana e
quindi si sformavano a contatto con l’acqua.
Quando
il nuoto divenne un hobby praticato diffusamente, fu introdotto da parte di uno
dei marchi più famosi di abbigliamento dell'epoca Jentzen, un nuovo materiale
in jersey particolarmente aderente per agevolare il nuoto.
Anche
la forma stessa del costume da bagno cambiò: gli scolli divennero più profondi, spesso a
V, i giromanica più ampi ed i colori divennero stravaganti, spesso con fantasie
a righe a contrasto.
Gli
accessori che completavano la tenuta erano una cuffia di gomma iperaderente con
un opzionale cinturino sotto il collo ed una cintura in vita in caucciù. Inizialmente
vennero anche indossate delle calze arrotolate sotto il ginocchio. Infine delle
scarpe basse (simili alle ballerine di oggi) o degli stivali da spiaggia in
gomma (simili a quelli del Wrestling).
La
lunghezza del costume si accorciò mostrando sempre più pelle esposta, tanto che
in molte spiagge la polizia pattugliava il lido misurando, metro alla mano, la
superficie di pelle esposta sopra il ginocchio, sanzionando le donne più “spudorate”.
Le
più rispettose indossavano degli shorts coperti da una gonna.
Un
modello molto popolare era quello della Jentzen composto da una canotta a
costine con dei pantaloncini aderenti (simili a quelli da ciclista).
Negli anni ‘30 un nuovo tessuto il LASTEX rivoluzionò il mondo dei costumi da bagno rendendoli più leggeri, aderenti e performanti.
Al
contrario, i modelli dei costumi non subirono cambiamenti drastici, in
particolare due erano gli stili più quotati: un costume intero, aderente sul
torace e con una gonna corta, anch’essa aderente sui fianchi, che copriva
l’inguine; oppure, come negli anni ’20, un due pezzi meno aderente composto da
una canotta ed una culotte.
Per
quanto riguarda i colori, negli anni ‘30 si giocava ad alternare differenti
abbinamenti contrastanti tra la parte superiore ed inferiore con fantasie
variegate.
Iniziarono
a spuntare costumi con bretelle flessibili che potevano essere rimosse per
ottenere un’abbronzatura uniforme.
Negli
anni ‘40 i costumi tesero sempre più a valorizzare le curve delle donne ed i
muscoli degli uomini, assecondando un rinnovato interesse per la forma fisica.
Subito
dopo la fine della guerra si ritornò a frequentare regolarmente spiagge di
piscine all’aperto.
FOTO: Midkini con culotte a vita alta (1947)
Nel
1946 fu coniato il termine “bikini”
(dal nome dell’atollo dell’Oceano Pacifico su cui si stavano effettuando degli
esperienti atomici) per indicare il due pezzi che già si vedeva in spiaggia
negli anni ’30 (anche se non così ridotto) ma, con il suo battesimo si affermò
come stile.
Al
di là delle diverse rivendicazioni di paternità, pare che il bikini fosse nato
dall’idea di due francesi (un sarto ed un ingegnere) che ridussero ancora di
più la stoffa presente sul costume mostrando l’ombelico e lo sterno suscitando
scalpore iniziale ma entrando ufficialmente nella storia del costume.
FOTO: bikini con culotte anni '40
FOTO: bikini con culotte anni '40
Sicuramente
il costume da bagno ha avuto un forte impatto sociale nell’esaltazione delle
forme femminili e maschili dando il via ad un vero e proprio culto del corpo e
dell’estetica in generale con un’enfasi particolare all’esposizione pubblica
sempre maggiore della donna.
Proprio
a partire dagli anni ’20, infatti, nascono i primi concorsi di bellezza nelle
più importanti stazioni balneari conosciute su cui si riversavano donne
provenienti dalle zone limitrofe e non solo, spinte più da un desiderio di fama
e di riconoscimento di bellezza che di tintarella e, vista la concorrenza accanita,
c’era da pedalare!
Il
costume da bagno, quindi, non ha solo contribuito a diffondere una cultura
dell’immagine, ma ha fatto da testimone lungo il cammino verso l’emancipazione
della donna, la quale ha tagliato via insieme ai centimetri di stoffa le
restrizioni che ne celavano la vera essenza.