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Abbigliamento da spiaggia negli anni ’20, ‘30 e ‘40





Estate… tempo di vacanze e di mare ma quale era la tenuta da spiaggia più in voga dagli anni ‘20 agli anni ’40?

 Diamo uno sguardo…

Cominciamo con gli anni ‘20 nel vero senso della parola perché, come accennato nel post sul parasole, forse non tutti sanno che è proprio a partire da questo decennio si cominciò ad esporsi al sole e recarsi in spiaggia per abbronzarsi.










 

E, inizialmente il vestiario da spiaggia soddisfaceva più una funzione estetica che funzionale.


Molti inizialmente non erano in grado di nuotare e si soffermavano semplicemente in spiaggia a prendere la tintarella o a passeggiare lungo il bagnasciuga o ancora a giocare in riva al mare.

I primi costumi realizzati negli anni ‘20 erano addirittura fatti in lana e quindi si sformavano a contatto con l’acqua.



Quando il nuoto divenne un hobby praticato diffusamente, fu introdotto da parte di uno dei marchi più famosi di abbigliamento dell'epoca Jentzen, un nuovo materiale in jersey particolarmente aderente per agevolare il nuoto.

Anche la forma stessa del costume da bagno cambiò: gli scolli divennero più profondi, spesso a V, i giromanica più ampi ed i colori divennero stravaganti, spesso con fantasie a righe a contrasto.

Gli accessori che completavano la tenuta erano una cuffia di gomma iperaderente con un opzionale cinturino sotto il collo ed una cintura in vita in caucciù. Inizialmente vennero anche indossate delle calze arrotolate sotto il ginocchio. Infine delle scarpe basse (simili alle ballerine di oggi) o degli stivali da spiaggia in gomma (simili a quelli del Wrestling). 



La lunghezza del costume si accorciò mostrando sempre più pelle esposta, tanto che in molte spiagge la polizia pattugliava il lido misurando, metro alla mano, la superficie di pelle esposta sopra il ginocchio, sanzionando le donne più “spudorate”.

Le più rispettose indossavano degli shorts coperti da una gonna.
Un modello molto popolare era quello della Jentzen composto da una canotta a costine con dei pantaloncini aderenti (simili a quelli da ciclista).



Negli anni ‘30 un nuovo tessuto il LASTEX rivoluzionò il mondo dei costumi da bagno rendendoli più leggeri, aderenti e performanti. 



Al contrario, i modelli dei costumi non subirono cambiamenti drastici, in particolare due erano gli stili più quotati: un costume intero, aderente sul torace e con una gonna corta, anch’essa aderente sui fianchi, che copriva l’inguine; oppure, come negli anni ’20, un due pezzi meno aderente composto da una canotta ed una culotte.



Per quanto riguarda i colori, negli anni ‘30 si giocava ad alternare differenti abbinamenti contrastanti tra la parte superiore ed inferiore con fantasie variegate.

Iniziarono a spuntare costumi con bretelle flessibili che potevano essere rimosse per ottenere un’abbronzatura uniforme.



Negli anni ‘40 i costumi tesero sempre più a valorizzare le curve delle donne ed i muscoli degli uomini, assecondando un rinnovato interesse per la forma fisica.



Subito dopo la fine della guerra si ritornò a frequentare regolarmente spiagge di piscine all’aperto.


FOTO: Midkini con culotte a vita alta (1947)

Nel 1946 fu coniato il termine “bikini” (dal nome dell’atollo dell’Oceano Pacifico su cui si stavano effettuando degli esperienti atomici) per indicare il due pezzi che già si vedeva in spiaggia negli anni ’30 (anche se non così ridotto) ma, con il suo battesimo si affermò come stile.



Al di là delle diverse rivendicazioni di paternità, pare che il bikini fosse nato dall’idea di due francesi (un sarto ed un ingegnere) che ridussero ancora di più la stoffa presente sul costume mostrando l’ombelico e lo sterno suscitando scalpore iniziale ma entrando ufficialmente nella storia del costume.




 FOTO: bikini con culotte anni '40

Sicuramente il costume da bagno ha avuto un forte impatto sociale nell’esaltazione delle forme femminili e maschili dando il via ad un vero e proprio culto del corpo e dell’estetica in generale con un’enfasi particolare all’esposizione pubblica sempre maggiore della donna.

Proprio a partire dagli anni ’20, infatti, nascono i primi concorsi di bellezza nelle più importanti stazioni balneari conosciute su cui si riversavano donne provenienti dalle zone limitrofe e non solo, spinte più da un desiderio di fama e di riconoscimento di bellezza che di tintarella e, vista la concorrenza accanita, c’era da pedalare!



FOTO: Miss Universo Ella Van Hueson (giugno 1928)







Il costume da bagno, quindi, non ha solo contribuito a diffondere una cultura dell’immagine, ma ha fatto da testimone lungo il cammino verso l’emancipazione della donna, la quale ha tagliato via insieme ai centimetri di stoffa le restrizioni che ne celavano la vera essenza.

La vestaglia Kimono - da antico simbolo della tradizione a moderno complemento da boudoir ***** From ancient icon of the tradition to modern boudoir item




Reduce da una vacanza in Thailandia, riponendo il “bottino” di viaggio mi sono soffermata su uno dei più gettonati souvenir dei visitatori delle terre lontane dell’estremo Oriente: la vestaglia kimono in seta e ne ho rintracciato le origini individuando l'evoluzione in chiave moderna che ha subito dagli anni ’20 agli anni ’30 che la ha resa attuale sino ai nostri giorni.


Just back from holidays in Thailand, putting the "travel booty" focused on one of the most popular souvenirs of the tourists of the remote lands of the Far East: the silk kimono dressing gown! I have tracked down the origins identifying in particular, the modern evolution started from the 20s to the 30s and which has made it topical to this day.

Un po di storia....


Il kimono vede la sua prima apparizione nel IV secolo d.C. nella Cina imperiale e da lì in poi – sotto varie forme e con diversi nomi – è entrato a far parte del vestiario comune, diffondendosi in tutti i paesi d’Oriente sino a diventare l’abito tradizionale giapponese – con tutte le connotazioni di significato non scritto legate al tipo di piega del tessuto piuttosto che al nodo della cintura tipica (l’obi) o dell’avvolgimento del tessuto intorno al corpo o ancora alla lunghezza delle maniche – un po’ come il linguaggio codificato del ventaglio.


A bit of history....



The kimono sees its first appearance in the fourth century A.D. in Imperial China and from then - in various forms and with different names - has become part of the common clothing, spreading in all countries of the East to become the traditional Japanese dress - with all the connotations of meaning not written related to the type of fold of the fabric rather than to the node of the typical belt (obi) or winding the fabric around the body or even the length of the sleeves - a bit as the coded language of the fan.

Così come lo conosciamo oggi – ossia nel modello a T con maniche larghe, a figura dritta e morbido sui fianchi, lungo fino alla caviglia e con la caratteristica cintura avvolta in più giri intorno alla vita e annodata dietro e corredato da una specifica serie di accessori– venne chiamato per la prima volta “kimono” (letteralmente “cosa da indossare”) solo nella seconda metà dell’800 in Giappone ma la sua conformazione nasce come rivisitazione del ben più antico abito cinese chiamato Hanfu e solo in seguito è entrato a far parte del guardaroba degli abiti tradizionali più conosciuti al mondo.



As we know it today – i.e., in a T model with wide sleeves, a straight figure and soft on the sides, long to the ankle and with thetypical belt wrapped in multiple turns around the waist and knotted behind and accompanied by a specific set of accessories - was called for the first time "kimono" (literally "thing to wear") only in the second half of the XIX century in Japan but its conformation's a revisitation of the much more ancient Chinese dress called Hanfu and only later become part of the wardrobe of traditional clothes best known in the world.


Nel corso del tempo ha vissuto fasi altalenanti di popolarità – vittima di leggi restrittive che ne hanno limitato lo sfarzo decorativo – sino a rappresentare a tutt’oggi l’emblema di una secolare ritualità anche se ormai offuscata da una nota di folklore (il suo uso è infatti limitato ad un numero ristretto di cerimonie formali o ricondotto ad un semplice vezzo conservatore per i più nostalgici).



Over time has experienced mixed success of popularity - victim of restrictive laws which have limited the decorative luxury - up to date to represent the emblem of an age-old ritual although now eclipsed by a note of folklore (its use it is in fact limited to a small number of formal ceremonies or returned to a simple conservative habit for most nostalgic).



FOTO: Louise Brooks anni '20      



 



Sin dai primi del ‘900 molte sono state nel campo della moda, le rivisitazioni in chiave moderna di questo stile.



Since the early '900 there have been in fashion many revisions in a modern key of this style.


 





FOTO: Catalogo Sears anni '30
 FOTO: Paul Poiret, anni '20

In particolare, a partire dagli anni ’20 e nel corso di tutti gli anni ’30, il kimono è divenuto un articolo “a la page” nella funzione di veste da camera o vestaglia sia ad uso privato che come mise da sfoggiare nell’intrattenere gli ospiti per ricreare, nel caso delle donne, delle moderne Madame Butterfly.

  
In particular, starting in the '20s and in the course of all the years '30, the kimono has become an article "a la page" in the dressing room or both for private use as function as a set to show off in entertaining the guests, as modern “Madame Butterfly”.

E ovviamente la forma ha subito una conseguente rimodulazione: il classico modello a T è stata preservato ma destrutturato in un più semplice “copriabito” di lunghezza media che non raggiunge più la caviglia, realizzato con uno strato più sottile di seta (o di materiali sintetici come il rayon) cinto da una fusciacca   morbida opzionalmente annodata in vita, spesso sostituita da un cordoncino in rafia, al posto del vero e proprio obi.



And of course the shape has undergone a subsequent remodulation: the classic T model has been preserved but destructured in a more simple "overcoat" of medium length that no longer reaches the ankle, made with a thinner layer of silk (or synthetic materials such as rayon) surrounded by a soft sash optionally knotted at the waist, often replaced by a raffia cord, instead of the real obi.





Le varie correnti pittoriche e artistiche in genere del periodo hanno reso omaggio anche a questo indumento esaltandone l’eleganza e favorendone l’adozione anche nei paesi occidentali sotto l’influsso di una corrente che è stata definita appunto “giapponismo” e che ha fatto nascere vere e proprie forme d’arte, frutto di quell’arte che ha fatto da ponte fino alla fine degli anni ’30 tra Oriente ed Occidente.



The various pictorial and artistic movements of the period have paid tribute to this garment, enhancing the elegance and encouraging the adoption even in Western countries under the influence of a current which has been aptly named the "japonism" and that gave birth to real forms of art, the result of that art which has served as a bridge until the end of the '30s between East and West.
  




 FOTO: Una scena tratta da "The Danish girl" ambientata negli anni '20